La rivoluzione terapeutica di Bert Hellinger



L’arte di aiutare

Una nuova visione della terapia, possibile solo se ci si collega ad un campo di coscienza che opera al di fuori della propria capacità di comprensione. Per Hellinger siamo mossi da uno spirito intelligente che pensa tutto ciò che è pensato. Quali sono i cinque ordini dell'aiuto

di Maurizio Falcioni


Sono ormai passati più di quarant’anni da quando la psicologia tradizionale ha cominciato a sondare territori precedentemente ritenuti impensabili. Il paradigma meccanicistico ha subito un drastico ribaltamento ed oggi finalmente possiamo accogliere senza troppe obiezioni la natura spirituale ma anche scientifica dei campi di coscienza condivisa, conosciuti con il nome di campi morfici.

E’ per mezzo del rivoluzionario metodo delle Costellazioni Familiari che Bert Hellinger trasforma completamente la figura dello psicologo e soprattutto quello che viene definito rapporto terapeutico. Questa nuova visione della terapia è possibile solo se ci manteniamo presenti ad un campo di coscienza che opera al di fuori della nostra capacità di comprensione. Siamo mossi da uno spirito intelligente che pensa tutto ciò che è pensato; queste le parole di Bert Hellinger nel suo libro Mistica Naturale, parole che vogliono spingerci verso una comprensione inimmaginabile ma possibile solo se ci affidiamo con grande umiltà a questo movimento naturale.

Leggi che operano oltre la nostra volontà
I campi di coscienza sono stati strumento di indagine per oltre quarant’anni ed hanno portato alla luce dinamiche e ordini che operano al di fuori della nostra volontà e del nostro controllo; queste leggi sono a nostra disposizione per permetterci di raggiungere un equilibrio naturale tra spirito e materia e sono soprattutto una straordinaria possibilità per aiutare e contemporaneamente per aiutarci.
Aiutare è un’arte che deve essere perfezionata giorno dopo giorno: questo è necessario se vogliamo sperimentare la gioia di essere a servizio dello Spirito. Questo significa rendersi disponibile ad un movimento verso l’altro, seguendo degli ordini naturali che ci permettono di aiutare; non possiamo farlo nel senso più nobile se prima non abbiamo approfondito la sacralità che risiede dentro questo sublime movimento. L’effetto è meraviglioso solo se riusciamo a prendere la giusta distanza dalla persona che vogliamo sostenere e vederla all’interno di un movimento più grande facendo in modo di assecondarlo


Il pericolo delle identificazioni
Le persone che hanno bisogno di sostegno vengono da noi nelle sembianze di bambini bisognosi dei loro genitori: una delle regole fondamentali che risiedono alla base di questa pratica è quella di non sostituirsi ai genitori, ma al contrario cercare di muovere le energie che provengono proprio dalle figure genitoriali.

Il paziente è come un bambino che ha bisogno di ritrovare le figure genitoriali, che spesso proietta sul terapeuta.

Ovviamente questa prerogativa si presenta maggiormente in ambito terapeutico ed è proprio in questo contesto che spesso si sviluppano dinamiche di aiuto deformanti che producono l’effetto contrario. Un terapeuta che prende il ruolo di padre o di madre è solamente caduto in una identificazione, potremmo anche dire, per utilizzare un termine più appropriato, che è irretito dal cliente in un controtrasfert all’interno del processo terapeutico. 


La rivoluzione accade proprio nel momento in cui il terapeuta decide di dare al cliente la possibilità di crescere ed acquisire dignità. Questa scelta sofferta spesso coincide con la fine del rapporto terapeutico e quindi ad una crescita, non solo da parte del cliente ma anche per il terapeuta coinvolto nella relazione genitore-figlio.
Questo è ovviamente soltanto un breve esempio su un argomento trattato ampiamente da molti ricercatori che hanno contribuito allo sviluppo di una coscienza indispensabile per chi opera nel difficile territorio della relazione d’aiuto.

I cinque ordini dell’aiuto
Da un punto di vista fenomenologico, lo studio dei campi morfici nell’ambito della terapia familiare ha fatto emergere cinque principali ordine dell’aiuto, che riassumono in poche parole l’enorme mare di informazioni che nel tempo si sono accumulate per cercare di spiegare come e in che modo raggiungere un giusto equilibrio tra dare e ricevere. C’è un confine sottile che si manifesta nel momento in cui ci rendiamo disponibili a questa pratica e riconoscere questo confine è prerogativa necessaria per riuscire a raggiungere lo scopo nobile dell’aiuto. E’ quindi un lavoro di percezione,  basato sulla costante capacità di identificare questo confine labile che si manifesta ogni volta che siamo spinti ad aiutare. Non dobbiamo solamente donare il nostro aiuto in modo compassionevole, ma cercare di immedesimarci nella persona da aiutare e leggere tra le righe quello che il movimento ci sta comunicando. Non sempre l’aiuto è richiesto, anche se oggettivamente è necessario, non sempre la persona necessita il tipo di aiuto che abbiamo idealizzato nella nostra mente. Qualche volta il nostro aiuto viene richiesto solo per dargli gli strumenti per agire in modo corretto. In questo modo l’aiuto si ripiega irrimediabilmente su di noi e la persona è stata solamente coinvolta in un gioco troppo pericoloso.



Il primo ordine dell’aiuto consiste nel dare solo ciò che si possiede e nell’aspettarsi e accettare solo ciò di cui si ha bisogno. Sottrarre all’altro la possibilità di sostenere il peso del proprio disagio, non è sempre fonte di aiuto. Per agire correttamente occorre osservare l’altro all’interno di un insieme più grande nel quale è chiamato a confrontarsi per poter acquistare nel tempo dignità e forza. Ogni ordine contiene il suo opposto; possiamo quindi muoverci nella direzione dell’aiuto in modo disordinato, dando ad esempio più di quanto ci è concesso e accettare più di quanto necessitiamo. Nel disordine si crea una distanza sempre maggiore fra chi aiuta e chi riceve, anche se desideriamo convincerci del contrario: ciò che si manifesta è una delusione che tocca le corde profonde di un complesso il quale in una certa misura ci ha uniti in un destino condiviso. Nel disordine dell’aiuto si arriva inevitabilmente ad una domanda: “chi sta aiutando chi?”. E’ quindi chiaro che aiutare è un’arte che sgorga limpida da un ordine superiore che siamo noi in primis, riusciti a contattare.



Il secondo ordine dell’aiuto consiste nel sottomettersi alle circostanze e nell’intervenire solo nella misura in cui esse lo consentono. Questo è un modo discreto, che ha forza.
Hellinger parla di condizioni esterne predefinite, alle quali non possiamo opporci con l’intento di modificarle. Il tentativo di modificare una condizione esterna predefinita è in un certo senso un modo di voler cambiare la persona che stiamo aiutando basandoci su una nostra immagine interiore. Accogliere il destino di chi desideriamo aiutare è il solo modo per intervenire seguendo l’ordine naturale e in un certo senso riuscire ad accettare anche il nostro. Tutto quello che ci spinge a modificare ciò che per natura deve manifestarsi fino in fondo è causa di disordine, rappresenta una fuga dalla realtà che si sta manifestando e che necessita essere guardata negli occhi. Di fronte all’inevitabilità della morte possiamo agire in aiuto solo guardandola profondamente e con estrema umiltà.



Il terzo ordine dell’aiuto riguarda principalmente i facilitatori, i terapeuti e tutte le categorie operanti nel campo della relazione d’aiuto. Prevede dunque che il facilitatore si ponga da adulto di fronte ad un adulto che cerca aiuto. In questo modo respinge i tentativi di quest’ultimo di relegarlo nel ruolo di genitore.
Abbiamo già accennato al difficile ruolo che si presenta di fronte a colui che si presta ad aiutare gli altri. In questo caso specifico, ricollegandoci al terzo ordine dell’aiuto possiamo osservare chiaramente l’esistenza di un confine sottile che separa il dare e il ricevere aiuto in un rapporto terapeutico. L’ordine naturale ci impone a rimanere distaccati e contemporaneamente in ascolto dei movimenti dell’anima. In questo modo non ci sarà solo la persona da aiutare, ma l’insieme del contesto di appartenenza nella quale è immersa. Riuscire a vedere, tramite un ascolto sottile, un’immagine d’insieme, ci permette di spostare la nostra energia nella direzione della soluzione, evitando in questo modo il transfert e il controtransfert, genitore–figlio. Hellinger ripete con insistenza il pericolo di identificazione con il cliente e l’aspetto compassionevole tipico della figura genitoriale. In un caso del genere nessuno sta più aiutando nessuno, si tratta più che altro di uno stato confusionale condiviso.



Il quarto ordine dell’aiuto ci chiede di immedesimarci nella persona da aiutare in modo non tanto personale quanto sistemico.
In una relazione d’aiuto è bene conoscere le dinamiche che creano disordine. In questo caso il quarto ordine sottolinea ancora di più l’importanza di essere presenti, in modo da poter vedere non solo il cliente o la persona da aiutare ma anche l’intero sistema famigliare di appartenenza.

Il quinto ordine dell’aiuto è l’amore nei confronti di tutti, così come sono, per quanto possano essere diversi da noi.
Gli ordini dell’aiuto stati osservati da Bert Hellinger all’interno del lavoro con le costellazioni familiari; sono però aperti ad un contesto universale che non comprende solamente il limite terapeutico e sistemico. E’ bene sapere che le costellazioni familiari operano con l’obbiettivo di ricongiungere ciò che era stato diviso e in questo senso si tratta di un lavoro di integrazioni di parti escluse, che diventano per noi una continua fuoriuscita di energia vitale.



Gli ordini dell’aiuto sono la parte centrale del lavoro di un terapeuta, di un counselor e di qualsiasi figura preposta alla relazione d’aiuto; sono però anche un modo per allenarsi alla percezione sottile durante le relazioni che abbiamo quotidianamente in qualsiasi ambito dello nostra vita. Tutti noi siamo chiamati ad aiutare e ad essere aiutati; questo continuo scambio tra dare e ricevere accresce sempre di più le nostre percezioni, facendoci sentire con maggiore facilità il flusso naturale che scorre all’interno del grande albero della vita.


di Maurizio Falcioni - venerdì 03 aprile 2015