Storia sufi – Il dito e la luna

“Gli avvenimenti della vita quotidiana sono materiale prezioso per l’insegnamento”, disse l’anziano maestro sufi all’allievo, “Ti mostrerò cosa intendo, vieni pure con me”.
Si recarono quindi al mercato, che pullulava di gente indaffarata, di colori e di profumi di spezie.
A un tratto, tra la folla, un tizio gridò: “Chi si vede! Il vecchio ateo perditempo assieme al suo piccolo amante!”.
L’allievo, udite quelle assurde calunnie, in un accesso di collera si scagliò contro l’uomo del mercato. 
Dopo che si furono azzuffati, il maestro disse all’allievo: “Ora, tranquillizzati, possiamo tornare a casa, dove potrai comprendere come ci si sottrae a tali situazioni grazie alla conoscenza della causa”.
Arrivati a casa il maestro estrasse dalla sua libreria una borsa piena di lettere a lui indirizzate. Gli si rivolgevano come il “Maestro dei Maestri”, il “perfetto conoscitore del Corano”, “colui che è giunto alla perfezione”, il “Saggio dei Saggi”, e chi più ne ha più ne metta.
Tutte quelle lusinghe rivolte al maestro dipinsero un sorriso sul volto dell’allievo.
“Se stai attento”, disse il maestro, “puoi ricavarne un prezioso insegnamento: ogni mittente si rivolge a me non chiamandomi con il mio nome, e tanto meno per ciò che sono, ma per ciò che inconsciamente vorrebbe lui essere; mentre l’uomo del mercato si è rivolto a me per ciò che intimamente si reputa o ha timore di essere. Così va il mondo. Quindi, per qual motivo andare in collera o inorgoglirsi davanti ai giudizi sul nostro conto?”