Parliamo dell'Artiglio del diavolo, una pianta originaria dell'Africa sud-orientale, da secoli utilizzata per curare i dolori articolari
Il nome latino, Harpagophytum procumbens, deriva dalla forma del frutto, duro e ricoperto da artigli, in cui talvolta si impigliavano gli zoccoli delle bestie da soma. Ecco perché questa pianta, della famiglia delle pediliacee, era considerata “diabolica”. Da qui il nome volgare, ”Artiglio del diavolo”.
L’aspetto non deve ingannare. Già nell’antichità, infatti, nelle sue zone d’origine – Namibia, Sud Africa e Botswana - l’Artiglio del diavolo era utilizzato dalle tribù boscimani, ottentotte e bantu per favorire la digestione, curare i disturbi dell’apparato digerente e come febbrifugo e tonico.
Scoperta dagli occidentali solo nei primi anni del 1900, la pianta è stata introdotta in Europa, ad uso terapeutico, solo nel 1953. Da quel momento, diversi studi ne hanno dimostrato l’efficacia come analgesico contro i dolori reumatici ed articolari (protegge le cartilagini). Le parti sfruttate sono le radici laterali secondarie.
L’azione farmacologica è dovuta principamente all’arpagoside, una sostanza iridoide (cioè un glucoside, ovvero un composto derivato dal glucosio) con proprietà antinfiammatorie ed analgesiche.
E’ utile per curare i dolori reumatici, l’artrosi, le infiammazioni tendinee e muscolari. E’ ipoglicemizzante e ipocolesterolemizzante. L’Artiglio viene somministrato sia sotto forma di decotto che di estratto, sempre sotto controllo medico, perché potrebbe dare bruciori di stomaco, se assunto in quantità eccessiva; infine si può usare a livello locale sotto forma di pomata.
Di Chiara Boracchi
Di Chiara Boracchi