Reni - Conflitto del profugo: il più importante 'segreto' per la salute di M. Sartorio


- "Ho perso tutto, ho perso i miei punti di riferimento", "non so più dov'è casa mia", "mi sento fuori dal mio habitat", "mi sento un pesce fuor d'acqua"
- "Devo lottare per la mia esistenza"
- "Sono solo e abbandonato a me stesso"

Sono tre colorazioni della stessa percezione biologica, molto viscerale, che attiva l'arcaico programma di fisiologia speciale dei tubuli collettori dei reni.

I tubuli collettori sono l'organo preposto al riassorbimento dei liquidi: in fisiologia normale questi riassorbono il 99% dell'acqua presente nell'urina primaria filtrata dai glomeruli (180 litri al giorno) per poi rimetterla nel circolo ematico, e ne lasciano 1 - 2 litri al giorno che vengono espulsi con le urine.

Quando l'organismo percepisce di essere in un ambiente ostile, aumenta la funzione assorbente renale per ritenere i liquidi e avere maggiori probabilità di sopravvivenza.

Come un individuo che si trovasse a dovere attraversare un deserto, avendo perso ogni riferimento, non sapendo più dov'è casa sua, non sapendo quando mai arriverà...la risposta sensata per la sopravvivenza dell'organismo è l'immediato contenimento dei liquidi, per rallentare il più possibile la disidratazione.
Come un pesce che viene sbalzato fuori dall'acqua, e che non sa quando e se arriverà la prossima onda a recuperarlo, cerca come può di trattenere tutta l'acqua che ha a disposizione per superare quel drammatico lasso di tempo.

Così, in queste condizioni critiche si attiva la fisiologia speciale, e i tubuli collettori renali assorbono di più del solito 99% del filtrato giornaliero, scartando solo 800-1000 ml di urina quando è in fase attiva un solo rene, e ancora meno, 150-200 ml (oliguria, quasi anuria) quando sono in fase attiva entrambi i reni.
Nei casi estremi si parla di blocco renale, o insufficienza renale, "il rene non funziona più", ma in realtà è proprio il contrario: i reni lavorano più intensamente.
Si ritiene che, con la conoscenza delle 5LB, il 90% dei trapianti sarebbe evitabile nel momento in cui fosse permesso alla persona di uscire da quella percezione, anche se purtroppo non è oggi dimostrabile per ovvia assenza di studi strutturati e riconosciuti.


PERCHÈ È COSì IMPORTANTE?

Hamer ha chiamato questo sentito "il conflitto del profugo", al quale viene data grande importanza perchè si presenta spesso in situazioni drammatiche (dopo un bombardamento allo stesso modo di un repentino ricovero in ospedale, sentendosi la persona "fuor d'acqua", abbandonata a se stessa, non accudita...), e ha il problematico effetto collaterale di aumentare notevolmente il volume degli edemi presenti nel corpo (fasi di riparazione PCL-A dei tessuti, attive in altre zone).
Quando i reni fanno ritenzione idrica, la tendenza dell'acqua è di andare dove serve, ovvero verso quei processi infiammatori in atto, intensificando i sintomi e i dolori in modo esponenziale.
In effetti non ci sono dolori estremamente intensi senza la compresenza della ritenzione idrica.

Nel momento in cui la persona dovesse ritrovare la tranquillità necessaria, sentendosi accudita, di nuovo a casa, non dovendo più lottare per l'esistenza, non sentendosi più abbandonata a se stessa, l'organismo interromperebbe bruscamente il processo andando in soluzione, ed espellendo immediatamente anche 8 litri di urina, sgonfiando gli edemi e riducendo drasticamente sintomi e dolori.

Si capisce bene qui l'inestimabile valore del lavoro di un medico che sa fare "sentire a casa" il suo paziente, o il segreto di quegli operatori della salute che dello "sprofugare" hanno fatto una professione.


IL CORTISONE E I FARMACI ASTRINGENTI
Si capisce anche finalmente il motivo per cui l'uso del cortisone a volte funziona e a volte no: il cortisone è un simpaticotonico per eccellenza (alza la curva bifasica), così se si è in fase di profonda riparazione dei tessuti, riduce i sintomi limitando un po' l'intensità della vagotonia.
Se però contemporaneamente sono attivi anche i tubuli renali (ovvero in fase attiva) il cortisone aumenta ancora di più la ritenzione idrica e di conseguenza i dolori, portandosi appresso la fama "il cortisone gonfia". In effetti gonfia solo in presenza del "profugo". Discorso simile vale per le soluzioni via flebo che, sempre in concomitanza con la ritenzione, possono aumentare la quantità di liquidi in circolo, esasperando l'accumulo.
I diuretici invece sono degli inibitori della fisiologia normale (bloccano l'assorbimento dei tubuli), così la persona urina, ma se sono attivi tutti e due i reni lo farà per pochissimo tempo e poi di nuovo andrà in "blocco renale".

In questi casi le soluzioni sono 2: o si smette l'assunzione di cortisone per permettere un po' di urinare ma con risultati mediocri, oppure si accudisce la persona e la si fa sentire a casa per permetterle di rilasciare i liquidi. Qui è possibile la prova del 9, perchè la somministrazione successiva di cortisone alla stessa persona non produrrebbe più ritenzione idrica.

Sulla curva bifasica, la Fase Attiva è immersa nella percezione di "essere pesce fuor d'acqua": i tubuli collettori renali aumentano l'assorbimento (origine endodermica) e si può rilevare un gonfiore diffuso nel corpo (specie nelle zone in cui ci sono attivi altri processi di riparazione, con esasperazione dei sintomi); anche senza gonfiori notevoli, si possono notare i tipici segni degli elastici degli indumenti che restano sulla pelle.
In soluzione PCL-A si ha un immediato rilascio dei liquidi e si urina molto più del solito.
Inoltre, la maggiore presenza proteica e, a volte, i residui della caseificazione micotica, producono nelle urine odore e schiuma.
In presenza di dolori, questi si attenuano immediatamente, e il gonfiore corporeo si riduce.

Si consideri che, quando si tratta di processi controllati dal tronco cerebrale come in questo caso, si ha a che fare con percezioni estremamente arcaiche e viscerali, che niente hanno in comune con quello che si pensa o si crede: è la percezione del serpente che si sente fuori posto lontano dalla tana, la bestiolina che cerca di stare al riparo e sentirsi protetta.


Attenzione dunque a non cavalcare supposizioni "adesso mi sento solo e abbandonato", "non mi sento a casa" per immaginarsi con preoccupazione "quindi ora i miei reni faranno qualcosa": è sempre il corpo ad avere la parola, se non ci sono sintomi ce la stiamo raccontando!
O al contrario, un esempio molto frequente : "Io non vado dai medici, non prendo medicine, non metto piede in ospedale!"...salvo poi essere costretto per emergenza, e dopo tanto rumore, appena si sente accudito dagli infermieri, iniziare a urinare 8 litri. Il corpo non mente.

Il conflitto del profugo è dunque tra le prime emergenze da affrontare quando ci sono ospedalizzazioni forzate, diagnosi nefaste, e tutto ciò che fa sentire la persona sola senza riferimenti, ma è un processo da considerare non solo per i casi limite, ma anche dove fossero implicati sintomi dolorosi e invalidanti, o anche nei casi in cui lo stesso gonfiore (quando viene comunemente chiamato grasso) fosse un ostacolo al benessere.

La soluzione del conflitto del profugo è evidentemente una importante componente dell'effetto placebo