La vista è una metafora di come vediamo la vita di Franco Bianchi

La parola olistico deriva dal greco olos che significa “intero”. Il suo significato è che tutto va visto in una dimensione unica, intera, globale. Non siamo abituati a “vedere” il mondo in questo modo: siamo anzi portati a separare, studiare in modo sempre più settoriale il singolo organo, comprenderne tutti i significati relativi e le sue attività perché questo ci aiuta ad avere sempre più informazioni dettagliate indispensabili alla conoscenza approfondita di una singola parte, ma totalmente insufficienti perchè perdiamo la globalità della sua funzione, vediamo l’angolo di un dipinto e non abbiamo la visione dell’intera opera. Occorre avere anche l’immagine dell’insieme per poter agire nel modo più corretto al funzionamento dell’organo stesso, perché la separazione è una cosa letteralmente diabolica. Il prefisso dia infatti deriva dal verbo greco diaballein che significa separare; e molte parole che iniziano con questo prefisso hanno come significato una separazione. Il dia-framma è un muscolo che separa l’addome, la dia-spora la separazione del popolo di Israele, il DIA-volo è il separatore per eccellenza, colui che ci separa da Dio: ogni cosa che separa dall’insieme, dal tutto, è letteralmente dia-bolica.


Nella visione “separatista”, l’occhio ha una funzione meramente visiva: raccoglie informazioni, vibrazioni, che vengono poi portate, attraverso il nervo ottico, nella zona occipitale del cervello, eyeladdove si costruisce l’immagine mettendo assieme tutte le informazioni ricevute. Se queste sono chiare, a fuoco, l’immagine sarà parimenti dettagliata e precisa, e viceversa: dunque, il vero organo della vista è il cervello. Tutti i tentativi tradizionali, per correggere distorsioni di rifrazione si basano su una correzione delle informazioni che arrivano alla retina, e quindi al nervo ottico, studiati dalla fisica ottica, ed ottenuti attraverso lenti correttive. Soluzioni più sofisticate si applicano con l’applicazione del laser, od altri metodi chirurgici, che hanno la stessa finalità: correggere la distorsione.

Come è fatto e come funziona l’occhio? Esso è una palla piena d’acqua, sotto forma di gelatina ed umor vitreo, lo circonda una membrana ed all’interno ci sono coni e bastoncelli, anteriormente c’è una lente, il cristallino. Attorno ci sono sei muscoli molto potenti: due lo circondano circolarmente (muscoli obliqui), altri quattro – due per parte – sono attaccati lateralmente (muscoli retti) e quando si mettono in tensione lo “allungano” e lo “accorciano” per permettere all’immagine di cadere nitida sulla retina. Questo processo è noto come accomodamento. L’occhio si comporterebbe come una macchina fotografica a fuoco variabile, un apparecchio per cui è necessario ruotare manualmente l’obiettivo fino a mettere a fuoco l’immagine e durante questa operazione l’obiettivo si allunga e si accorcia seguendo le regole della fisica ottica. Quindi i responsabili della messa a fuoco dell’occhio sono il cristallino e soprattutto i muscoli oculari; quando questi si irrigidiscono e si bloccano non riescono più ad espletare in pieno il meccanismo di accomodamento, dando origine alle più diffuse patologie visive: miopia, presbiopia, astigmatismo, ipermetropia. Nei miopi rimangono parzialmente bloccati i muscoli obliqui, per cui l’occhio rimane parzialmente allungato, così che l’immagine a fuoco si forma davanti alla retina; per i presbiti i muscoli in questione sono i retti, l’occhio rimane accorciato e l’immagine nitida si forma oltre la retina; per gli astigmatici è rappresentata da un mix di muscoli. In tutti questi casi l’immagine che arriva alla retina risulta sfuocata: si tratta di un errore di rifrazione.

Un optometrista di New York, William Bates (nella foto a sinistra), scoprì un secolo addietro che il responsabile dell’indurimento muscolare è lo stress e suggerì appositi esercizi fisici allo scopo di realizzare uno stretching idoneo, scoprendo che i suoi pazienti recuperavano la vista. Un altro ricercatore, Aldous Huxley, individuò nelle emozioni le responsabili dello stress, che poi si scarica sui muscoli oculari. Martin Brofman (sotto, a destra) in seguito identificò una personalità che accomuna ogni singola distorsione visiva, un modo di percepire la vita notando che tutti i miopi vedevano la vita alla stessa maniera: vedevano bene da vicino e sfuocato da lontano, al contrario esatto di tutti i presbiti. Ogni sintomo cela un messaggio di come si vede “distorta”.

Nella visione olistica l’occhio è integrato con il “sistema corpo”. Già la PNEI (psico-neuro-endocrino-immunologia) ci indica la strada dell’insieme perché il corpo funziona come una matrice. Caduta la visione cervello-centrica (tutto il corpo è controllato dal cervello) si è scoperto – e la cosa non è in discussione dalla scienza ufficiale – che almeno tre sistemi controllano il nostro corpo come una matrice: il sistema neurologico, il sistema endocrino e quello immunologico. Quando uno di questi sistemi rileva delle alterazioni avverte immediatamente gli altri sistemi, così che tutto il corpo possa attuare le opportune correzioni. Tutto questo è partito grazie agli studi della biologa Candace Perth, che agli inizi degli anni 70 scoprì il primo recettore, quello degli oppiacei. Quindi l’occhio reagisce ad informazioni che provengono da altre parti del nostro essere; subendo uno “stress da emozioni”, i muscoli oculari si irrigidiscono e non funzionano più a dovere; attraverso questa modalità fornisce ulteriori informazioni – che noi non siamo abituati a leggere – attraverso delle distorsioni visive. Osservando l’occhio, la vista e le sue distorsioni secondo una modalità olistica, abbiamo delle informazioni ulteriori sul nostro stato di coscienza. Quindi qualunque tipo di distorsione visiva non solo ha una sua spiegazione fisica, diretta (quella osservata dalla fisica ottica), ma almeno un’altra, una spiegazione che è integrata con il “sistema corpo”, con il nostro essere, con la nostra parte più interiore.


Se andiamo oltre, possiamo scoprire informazioni utili ed interessanti: il significato profondo del sintomo che proviene dagli occhi ci rivela che dietro la vista c’è un mondo sconosciuto, una metafora di come vediamo la vita. Noi utilizziamo spesso il verbo “vedere” in modo improprio: quando asserisco “ti vedo bene”, non intendo che ti vedo a fuoco; se dico “vediamo questa cosa da un altro punto di vista”, non penso ad alzarmi per spostarmi un metro più in là.
Se vedo sfuocato, i miei occhi mi stanno mandando un messaggio che è legato a tutto il mio essere nella sua globalità, a qualcosa che sta accadendo nella mia vita, riflettendo tensioni che riguardano la mia coscienza, la parte più profonda di me, un modo di vedere la vita. Scoprire questo significato è un primo passo, una maggiore consapevolezza di ciò che mi sta accadendo, ma per renderlo più efficace posso abbinarlo ad ulteriori approcci: mentale, fisico, spirituale e sistemico, andando così ad affrontare l’argomento vista in modo globale. Più in dettaglio le credenze rappresentano i miei limiti, ma anche le mie opportunità: cambiare pensieri mi permetterà di credere nella possibilità di recuperare la vista, al contrario della credenza diffusa e condivisa dalla maggioranza delle persone. Un approccio fisico mi faciliterà nel rendere i muscoli elastici lavorando con esercizi mirati ai muscoli oculari. A livello spirituale potrei collegare ciò che sta accadendo nella mia vita con il karma di incarnazione ed infine l’approccio sistemico mi rivela che sono nato e cresciuto nel sistema famiglia. Guarire alcune relazioni con i genitori, in primis, ed altre figure familiari successivamente, si rivela prezioso per il recupero visivo. Seguendo questo approccio infatti si può invertire il processo che si era messo in moto, permettendoci di recuperare la vista. Questo è il metodo che utilizziamo nei nostri seminari “Guarisci la tua vista, guarisci la tua vita”.
Non abbiamo avuto bisogno di nessuno per diventare miopi o presbiti. E forse non avremo bisogno di nessuno per tornare a vedere, solo di una guida che ci indichi la strada da percorrere.